La sveglia suona alle 5,30 a Venezia per Luana che deve prendere il treno. Alle 6,30 a Oriago per Daniela che viene accompagnata in auto a Battaglia e alle 7 a Battaglia Terme per tutto il resto del gruppo che si prepara a partire.
Prima di lasciare l’albergo, presentiamo a ciascuno dei nostri gentilissimi osti una locandina personalizzata e firmata da tutte noi.


Alle 9 tutte in barca alla conca di Battaglia che ci fa fare un salto di 7 metri d’acqua. Nel frattempo a Dolo anche il bragozzo ha lasciato l’ormeggio e viaggerà tutto il giorno lungo il Brenta e la laguna per riunirsi al gruppo a Correzzola.


La conca di navigazione è un enorme pozzo che si svuota sotto alle nostre barche. Un grande ascensore d’acqua spruzza un getto di cascata alle nostre spalle: rabbrividiamo per un attimo al pensiero che la porta chiusa dietro di noi possa cedere alla spinta dell’acqua che sovrasta le nostre teste.


Il manovratore della conca ci riporta in noi e ci spiega come dobbiamo viaggiare dopo l’ apertura delle porte: il canale ha poca acqua, ci sono ampie secche a destra e a sinistra e c’ è subito una curva da superare con la corrente che esce insieme a noi dalla chiusa e ci trasporta per un buon tratto.


Gli argini sono alti e ripidi. Il canale è invaso da rami, arbusti e ninfee, e in prossimità delle curve si stringe notevolmente. Il sandalo è agile e passa oltre la caorlina pesante e goffa, che ogni tanto porge la poppa alla macchia con conseguente incastro di remi e vogatrici.

I Martin pescatore hanno tutt’altro spirito, sfrecciano in guizzi blu elettrici da una parte all’altra del canale, il picchio verde ci segue di salice in ontano scandendo la sua risata. Nitticore e sgarze si alzano in volo calmo al nostro passaggio. Solo il rumore di qualche auto che passa sopra l’argine ci ricollega al mondo di terra. Dentro alla strada d’acqua è solo verde il colore della nostra giornata.

Ma come potevano condurre burci e peate carichi e lunghi più di 30 metri i barcari che andavano dai colli alla laguna?


Al campanile di Bovolenta rallentiamo e attracchiamo al Porto de Ponta. Guadagniamo l’ombra del molo, tagliamo il melone profumato e lo gustiamo fra qualche scambio di ricordi al monumento dedicato ai barcari.


Di tanto in tanto ci ritornano in mente i racconti di Riccardo, del Museo della Navigazione a Battaglia Terme. Il paese sembra addormentato sotto la calda cappa estiva.


Eppure la chiesa, le grandi ville rurali ora abbandonate e il porto sono testimonianza dell’importanza e della vivacità di questo borgo in un tempo non ancora troppo lontano. Il legame con il fiume è stato segnato anche da eventi negativi, come le alluvioni: ne troviamo traccia sulle lapidi affisse ai muri delle case con indicata l’altezza che ha raggiunto l’acqua durante i disastrosi eventi del 1966, 2010 e 2013 .


Il paese sorge sulle due sponde del fiume unite dal ponte, ci sediamo al bar della piazza gestito, come anche l’altro esercizio pubblico del posto, da osti cinesi. Acqua fresca, succo di pompelmo, ghiacciolo.



Ale che dorme per 3 minuti d’orologio.
Poi tornando al molo uova sode, pomodoro e pane che avevamo preventivamente preparato per il pranzo, non ci resta che stenderci sulla riva, all’ombra, e sperare che la calura lasci la sua presa.


Ad andarsene invece è il vento mentre ci rimettiamo ai remi fra improvvisazioni canore. Anche la corrente non è più d’aiuto quando passiamo Pontelongo. Caramello e barbabietola, l’aria di Pontelongo è intrisa dell’odore della lavorazione dello zucchero. Oltre gli argini infatti si distendono le terre di bonifica che erano dei benedettini oggi coltivate a barbabietola e mais. E Pontelongo è conosciuta per il suo zuccherificio. Pochi chilometri e ancora un campanile spunta dalla sommità erbosa dell’alta riva e un molo ci consente di fermarci alla Corte Benedettina di Correzzola.

A breve ci raggiungono anche Giovanna e Cristina che hanno risalito il fiume in bragozzo. Lo sbarco ci costa un intenso bagno di sudore, forcole e remi vanno sistemati con cura, valigie e bottiglie vuote vanno issate a riva. Ora ci siamo tutte, ci sediamo nel bel giardino della Corte a bere acqua e birra. L’antico monastero è ancora visibile in tutta la sua magnificenza: granai, fienili e scuderie si affacciano sull’aia dove oggi sostano visitatori come noi. Pavimenti in cotto e soffitti in legno, arredi sobri e gentilezza, anche questa breve sosta si rivela la scoperta di una piccola perla del nostro territorio.

Ceniamo in giardino insieme ad Antonio e la moglie Antonella in perlustrazione per preparare il viaggio dei “camminanti” a fine agosto, che seguirà proprio il nostro itinerario, dai colli alla laguna, via terra. Ci attendevamo una cena particolarmente gustosa e curata, invece io, Colleen, non avendo letto completamente la mail di risposta alla prenotazione, non ho visto che questo luogo non ha ristorante ma offre solo pasti freddi e così ci troviamo affamate, di nuovo con salumi, formaggi e insalata. Per fortuna tutte sono comprensive, il vino è buono e fresco e la compagnia, come sempre, esilarante.
Prima che il sole calasse del tutto, Daniela è corsa sul ponte per catturare questa bellissima immagine sul fiume Bacchiglione.
